Fabio Inverni nei suoi venticinque anni di lavoro pittorico, ha sviluppato costantemente un filone compositivo – narrativo ben preciso. Il suo esordio, nel 1992, nasce da un’interpretazione personale delle scene di “genere” inserite in un contesto del tutto onirico e non finito. La mano dell’Inverni è fin dai primi anni meticolosa e minuziosa nell’esecuzione dei minimi particolari oggettivi. Nelle sue nature morte gli oggetti sono sensibilmente riprodotti con un realismo che diventa,più che una semplice composizione, uno stato d’animo dell’Artista malinconico e silenzioso. La luce, infatti, in tutte le sue opere è crepuscolare, diafana mirata ad ammorbidire il chiaro scuro rendendolo morbido e delicato[…]E’ una visione malinconica quella che Inverni ci propone per tutti i suoi anni di lavoro proiettato verso il ricordo[…]L’osservatore davanti a questi quadri passa attraverso l’occhio dell’Artista e vi percepisce la sua presenza. Egli si cela e si fonde con tutte le sue esecuzioni e con tutti i suoi ricordi[…]La sua evoluzione artistica risente della frenesia del nostro tempo; il suo linguaggio, meticoloso nell’osservazione dei particolari, rimane sempre malinconico, ma diventa nello stesso tempo più ermetico[…]Egli acquisisce a parer mio una sorta di “ritorno all’ordine” ideologico e pittorico[…]Nel campo dell’arte tutto, in questi ultimi decenni, è stato detto e fatto.Ogni tipo di materiale è stato usato e osannato fino all’inverosimile, con provocazioni più o meno importanti. Inverni per il suo “ritorno all’ordine” crea un binomio perfetto. Decide di rivalutare la materialità compositiva reinserendovi la tela grezza, invecchiata, come unica superficie per i suoi “fogli” che deve servire a stimolare un significato espressivo ben preciso o semplicemente ad accogliere le sue composizioni apparentemente “mute”.Questa sua scelta, fa in modo che il solo protagonista rimanga il foglio: bianco sinonimo di candore e del tempo odierno, invecchiato, sinonimo del passato ancora vivo, e ciclostilato, sinonimo del moderno, della quotidianità lavorativa e del bambino, come vedremo di seguito. Questi tre esempi sopra citati racchiudono un significato intrinseco comune che è quello della presenza del pittore stesso in ognuno di questi fogli. La realizzazione di queste composizioni non è più solo realismo, ma iperrealismo. Per lasciare che l’immagine rimanga transitoria e leggera Inverni non sceglie un supporto rigido per tenere i fogli, quanto piuttosto del nastro adesivo, che nella sua leggera trasparenza fa intravedere il foglio sottostante. Il trompe-l’oeil, dalla parola stessa inganna l’occhio, inganna indubbiamente la nostra percezione facendoli sembrare attaccati invece che dipinti[…]Inverni, con questa nuova realtà e con questo amore per pittore come Lopèz, cresce e riesce a stupire la nostra osservazione con il suo virtuosismo. Come ogni rinascita che si rispetti, il suo punto di partenza sono i suoi fogli “vacui e silenti”, sgombri da ogni mondanità che si avvicinano piano piano ad un altro tema importante che è quello infantile. Egli si concentra in quella fase della vita dove non esiste malizia, dove anche solo un oggetto banale può raccontare qualcosa, dove la fantasia va oltre la bidimensionalità delle cose e ne coglie l’essenza. Inverni rivaluta in arte, quello che io ho definito, il ritrovamento del “fanciullino” pascoliano.
Cito lo stesso Pascoli per descrivere il fanciullino:
Egli resta piccolo […] egli tiene fissa la sua antica serena meraviglia […] egli è L’Adamo che mette nome a tutto ciò che vede e sente […] impicciolisce per poter vedere, ingrandisce per poter ammirare.
E’ su questa ultima frase importante che voglio sviluppare il suo nuovo periodo “infantile”.
Inverni si fa portavoce di questo bambino interiore riproducendo i disegni “puri” dei bambini dell’asilo. Il vigore gestuale, pur rimanendo meticoloso, all’interno dei fogli diventa più istintivo, ricerca in qualche modo il suo primitivismo. Il messaggio che ci viene proposto, è un’estraniazione dell’uomo adulto dalla realtà e la fuoriuscita inconscia di questo mondo interiore che ogni tanto bussa dentro di noi[…] Inverni usa il suo atteggiamento infantile, sì come descrizione di uno stato d’animo alienato dalla società, ma mirato non alla rabbia interiore quanto piuttosto al ricordo, all’estetismo di composizioni riprodotte fedelmente, capaci di evocare pensieri interiori senza frenesia. La resa pittorica, nonostante l’istinto infantile dei disegni, è iperreale e perfetta nella sua esecuzione di ombre proiettate e proprie. Il foglio ciclostilato è curato nei minimi particolari, dai fori che si proiettano sulla tela fino agli angoli arricciati per la leggerezza della carta[…]Voglio concludere questo mio commento, con un occhio di riguardo ai quadri “metropolitani”[…]La fusione delle scene di genere con il “fanciullino”, fa sì che egli sposti il suo sguardo “curioso”verso il mondo esterno. I messaggi attaccati su vetri, muri, saracinesche, cassette della posta ecc[…] che distrattamente vengono letti per passare il tempo nell’attesa, sono l’esempio di tutto questo e il foglio, ancora una volta dipinto, si proietta come unico narratore, accogliendo messaggi di chi smarrisce o cerca qualcosa, o di chi semplicemente se ne sta dietro e osserva. Le scene di “genere” diventano le storie del mondo quotidiano di ogni singolo individuo e l’oggetto banale continua la sua attività estetica. L’occhio dell’Artista, fattosi bambino ancora una volta, è in grado di trovare interessante quello che l’adulto distrattamente non vede più da tempo. Il nastro adesivo, dipinto anche su questi quadri, non è altro che il mezzo che l’artista usa per raccontarci la sua storia e la sua vita; come se fosse il filone che tiene attaccati tutti i ricordi e le immagini immagazzinate nella nostra memoria. E’ così che Fabio Inverni per mezzo del suo dono evocatore, ci costringe a guardare questi stralci di mondo quotidiano.